Questo progetto, partito nel 2014, prevede la formazione in Antropologia presso l’Università di Cochabamba di tre donne guaraní.
Quello che ci sta a cuore è la formazione del personale nativo e docente della scuola Tekove Katu che prevede una preparazione che non è solo teoria, ma anche convivenza e condivisione con la comunità.
Il vescovo Giovanni Pellegrini (vescovo di Camiri negli anni ‘90) diceva a proposito dei guaraní: “è un popolo grande con la sua cultura, lingua e religione”. Già in passato i nostri missionari hanno sostenuto la formazione in campo antropologico del personale che iniziò l’elaborazione di quello che fu poi il primo dizionario guaraní pubblicato nel settembre 2011.
Lo scopo del nostro progetto è proprio quello di formare una equipe di antropologhe guaraní in grado di essere loro stesse capaci di leggere e analizzare la propria realtà con un approccio di donne indigene. Questo contribuirebbe anche ad incrementare tutte le azioni volte a salvaguardare la cultura delle comunità guaraní.
Ma chi sono i guaraní?
La grande famiglia tupi-guaraní occupava un vastissimo territorio, che comprendeva gran parte del Brasile, Paraguay, Argentina e Bolivia. Nello stesso territorio vivevano molti altri popoli, sembra comunque certo che i guaraní arrivassero ad esercitare un certo predominio su di essi. Prova ne sia il fatto che, guardando qualsiasi cartina dettagliata, troviamo appunto regioni, montagne e fiumi che hanno mantenuto il nome guaraní, così come guaraní è quello di molti animali, il piraña, il giaguaro (Jaguar, yagua), il pappagallo ara, ecc. Arrivarono in Bolivia attraverso tre strade: dal fiume Pilcomayo fino alla regione di Tarija, attraverso il Chaco arrivarono alla zona Cordillera, attraversando la zona di Chiquitos arrivarono fino al Rio Grande. Scoperte archeologiche attestano l’esistenza di questo gruppo etnico a partire dal V secolo, con caratteristiche che lo distinguono chiaramente da altri gruppi della stessa linea linguistica.
Il nucleo sociale fondamentale per i guaraní era, ed è, la famiglia “extensa”, ovvero un certo numero di famiglie imparentate fra loro che vivono unite formando un piccolo popolo, “tentamí”. Dato comunque che il cerchio di parentele, tende ad allargarsi, per evitare le pericolose conseguenze dell’endogamia, gli stessi membri di un “tentamí” si imparentano con altri nuclei familiari vicini, fino a formare un “tentaguasu”. I “tentamí” si stringono attorno alla figura dell’anziano, “tamui/ tamoi” inteso come punto di riferimento della stirpe e legame con gli antenati. Ogni “tentamí” è autonomo ed indipendente, per questo tra i guaraní, fino al giorno d’oggi, la libertà e l’autonomia sono valori molto apprezzati. Certo a volte le circostanze imponevano di prendere decisioni comuni, nel qual caso risulta sorprendente come i “tentamí” e i “tentaguasu” di tutta la regione fossero capaci di formare un gruppo grande e compatto, capace di affrontare qualsiasi pericolo o impresa.Tali azioni ‘confederate’, precedute da solenni assemblee, avvenivano soprattutto in previsione di guerre importanti. Dato il carattere familiare del “tentamí” e le poche persone che lo compongono, le decisioni vengono prese in comune nel corso di una riunione, “ñomboati”. Se si tratta di dibattere su un argomento che interessa tutti, si riuniranno i membri dei vari “tentamí”: la riunione diventa allora “ñomboati guasu”, ossia l’assemblea grande. Il capo del «tentamí» prende il nome di «tuvicha»; però i guaraní considerano la propria libertà e il proprio potere decisionale inalienabili, per contratto sociale non delegabili ad alcuno e tantomeno in modo definitivo. Se esiste un «capo» (“jefe”), egli lo è solo in maniera occasionale e per decisioni specifiche, relative a cose concrete. È il gruppo ad avere l’autorità e le sue decisioni saranno rese note attraverso meccanismi formali (le assemblee), e informali (la semplice affermazione di opinioni). Questo modo di procedere, in fondo anarchico, dà al guaranì un grande orgoglio e indipendenza dinanzi a chi tenta di dominarlo.
Per questo, alla luce della storia di questo popolo, è importante l’approfondimento dell’aspetto antropologico e culturale dei guaraní per poter rafforzare la loro conoscenza e la loro identità. Questo studio permette di porre lo sguardo sul passato per costruire il futuro di un popolo che possa sempre più raggiungere la libertà da tutte quelle forme di schiavitù che per anni lo hanno soggiogato.
Le tre future antropologhe hanno già iniziato il corso di studi nel 2014. La borsa di studio ha una durata di 5 anni ed il costo annuale è di 6.000,00 euro per tutte e tre. Tale importo serve per coprire i costi di iscrizione ai corsi, del materiale didattico, dell’alloggio periodico a Cochabamba e dei costi di trasporto. Costo totale del progetto è di 30.000,00 euro. Il responsabile sul posto è padre Tarcisio Ciabatti.