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12 Nov 2016Vescovo cattolico del Nord Est del Brasile, dal 1966 ha guidato e animato innumerevoli azioni non violente intraprese dai più poveri per la difesa dei loro diritti e della loro terra, scontrandosi con le pretese dei latifondisti, che vedevano in lui un pericoloso perturbatore dell’ordine pubblico. Scelse di vivere in povertà nella periferia della metropoli lasciando ai poveri il suo palazzo vescovile. Appena compiuti i 75 anni furono subito accolte le sue dimissioni. Alcuni sacerdoti tra i suoi più stretti collaboratori furono uccisi e lui più volte minacciato di morte. Fu, ispirandosi a lui, che San Giovanni XXIII dichiarò: “la Chiesa Cattolica è Chiesa di tutti ma soprattutto dei poveri”.
Nato a Fortaleza, in Brasile, nel 1909 e ordinato sacerdote nel 1931, divenne Ausiliare del Cardinale di Rio de Janeiro e si acquistò il titolo di “Vescovo delle favelas”, i quartieri poveri che cingono la megalopoli brasiliana in un cerchio di miseria e di fame. Nel 1955 divenne il primo Vice-Presidente del Consiglio Episcopale Latino Americano (CELAM) e per dieci anni si interessò della problematica religiosa e sociale del continente fino al 1964 quando fu eletto Arcivescovo di Recife, la capitale del Nord-Est brasiliano, la regione più povera di tutto il paese dove lui stesso era nato. La sua passione per i poveri trovò nelle condizioni miserabili di centinaia di migliaia di agricoltori e operai lo stimolo immediato per un’azione illuminata e profonda. In un suo messaggio scriveva: “Continuando le attività che la nostra archidiocesi compie, avremo cura dei poveri, rivolgendoci specialmente alla povertà vergognosa, per evitare che la povertà degeneri in miseria. E’ evidente che in modo speciale, stanno presenti al mio pensiero i mocambos (i quartieri poveri di Recife) e i bambini abbandonati. Però non vengo per ingannare nessuno, quasi che bastino un poco di generosità e di assistenza sociale. Non c’è dubbio, ci sono miserie spettacolari davanti alle quali non abbiamo diritto di rimanere indifferenti. Molte volte l’unica cosa da fare è prestare un aiuto immediato. Però non pensiamo che il problema si limiti ad alcune piccole riforme”.
Ma è al Concilio Vaticano II che la traiettoria spirituale di dom Hélder – Arcivescovo di Olinda e Recife dal 1964, anno del golpe che instaura il regime militare in Brasile – lo porta a scoprire come dato inaggirabile dell’esperienza cristiana l’identificazione tra Cristo e i poveri, che sono carne di Cristo. Fino alle conseguenze più decise sul piano dell’azione e delle priorità pastorali. È su questo versante che le parole del «piccolo vescovo» appaiono più consonanti e familiari con molti accenti della presente stagione ecclesiale. Nelle società convulse, violente e oligarchiche dell’America Latina di allora, che pure Hélder Câmara definiva «il Continente cristiano del Terzo Mondo», la sconcertante priorità da affrontare era sempre quella di dover combattere le forme più primitive di oppressione e la miseria «che distrugge l’immagine di Dio che è in ogni uomo». «Se fossi vescovo di Amsterdam o di Parigi» disse una volta dom Hélder a un gruppo di parlamentari europei in visita a Recife «la mia pastorale sarebbe diversa. Ma il Papa mi ha affidato questo territorio, dove i diritti dei poveri vanno rivendicati senza alcun compromesso»
Negli anni Settanta del secolo scorso Dom Hélder Câmara denunciò l’uso sistematico della tortura contro i dissidenti politici in Brasile. I militari bandirono il suo nome nei mezzi di comunicazione dell’epoca. Per tutta la vita i suoi detrattori politici e ecclesiastici continuarono a affibbiarli il marchio del “vescovo rosso”. «Quando io do da mangiare a un povero» ripeteva lui «tutti mi dicono bravo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista e sovversivo». Lasciò la diocesi il 2 aprile 1985, per raggiunti limiti di età (secondo le disposizioni del Diritto canonico), vivendo sempre nell’appartamento popolare in cui si era trasferito all’inizio del suo ministero episcopale, a Recife, fino alla morte, avvenuta il 27 agosto 1999. Il 3 maggio 2015 si è aperto il processo di beatificazione di Dom Hélder Camara.