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27 Mag 2016Oscar Romero nasce a Ciudad Barrios di El Salvador il 15 agosto 1917 da una famiglia di umili origini. A 13 anni entra al seminario minore di S. Miguel poi, nel 1937, al seminario maggiore di San Salvador retto dai Gesuiti. Viene ordinato sacerdote il 4 aprile 1942 e si licenzia in teologia l’anno successivo presso l’Università Gregoriana di Roma.
Rientrato in patria si dedica con passione all’attività pastorale come parroco. Diviene presto direttore della rivista ecclesiale “Chaparrastique” e, subito dopo, direttore del seminario interdiocesano di San Salvador. In seguito avrà incarichi importanti come segretario della Conferenza Episcopale dell’America Centrale e di Panama. Il 24 maggio 1967 è nominato Vescovo di Tombee e solo tre anni dopo Vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador. Il 3 febbraio 1977 è nominato Vescovo di San Salvador, proprio quando nel paese infierisce la repressione sociale e politica. Sono ormai quotidiani gli omicidi di contadini poveri e oppositori del regime politico, i massacri compiuti da organizzazioni paramilitari di destra, protetti e sostenuti dal sistema politico. E’ il periodo in cui il generale Carlos H. Romero è proclamato vincitore, grazie a brogli elettorali, delle elezioni presidenziali. La nomina del nuovo Vescovo non desta preoccupazione: Mons. Romero, si sa, è “un uomo di studi”, non impegnato socialmente e politicamente, è un conservatore. Il potere confida dunque in una pastorale aliena da ogni compromesso sociale, una pastorale “spirituale” e quindi asettica, disincarnata. Mons. Romero inizia il suo lavoro con passione e si schiera totalmente dalla parte dei poveri; rifiuta l’offerta della costruzione di un nuovo palazzo vescovile e decide di vivere in una piccola stanza della sagrestia dell’Ospedale della Divina Provvidenza. Passa poco tempo che le notizie della sua inaspettata attività in favore della giustizia sociale giungono lontano e presto arrivano i primi riconoscimenti ufficiali dall’estero. Mons. Romero li accetta tutti in nome del popolo salvadoregno.
Ma che cosa è accaduto nell’animo del vescovo conservatore? Di particolare nulla. Solo una grande fede di pastore che non può ignorare i fatti tragici e sanguinosi che interessano la gente. Disse, infatti, Romero: “Nella ricerca della salvezza dobbiamo evitare il dualismo che separa i poteri temporali dalla santificazione” e ancora: “Essendo nel mondo e perciò per il mondo (una cosa sola con la storia del mondo), la Chiesa svela il lato oscuro del mondo, il suo abisso di male, ciò che fa fallire gli esseri umani, li degrada, ciò che li disumanizza”. L’assassinio del gesuita Rutilio Grande da parte dei sicari del regime è l’evento che dà inizio alla sua azione di denuncia profetica, Romero apre un’inchiesta sul delitto e ordina la chiusura di scuole e collegi per tre giorni consecutivi. Nei suoi discorsi mette sotto accusa il potere politico e giuridico di El Salvador. Istituisce una commissione permanente in difesa dei diritti umani; le sue omelie, ascoltate da moltissimi parrocchiani e trasmesse dalla radio della diocesi, vengono pubblicate sul giornale “Orientaciòn”. Una certa chiesa si impaurisce allontanandosi da Romero e dipingendolo come un ”incitatore della lotta di classe e del socialismo”. In realtà Romero non invitò mai nessuno alla lotta armata, ma, piuttosto, alla riflessione, alla presa di coscienza dei propri diritti e all’azione mediata, mai gonfia d’odio. Purtroppo, il regime sfidato aveva alzato il tiro.
Dal 1977 al 1980 si alternano i regimi ma non cessano i massacri: il 24 marzo 1980 Oscar Romero, proprio nel momento in cui sta elevando il Calice nell’Eucarestia viene assassinato. Le sue ultime parole sono ancora per la giustizia: “In questo Calice il vino diventa sangue che è stato il prezzo della salvezza. Possa questo sacrificio di Cristo darci il coraggio di offrire il nostro corpo ed il nostro sangue per la giustizia e la pace del nostro popolo. Questo momento di preghiera ci trovi saldamente uniti nella fede e nella speranza”. Da quel giorno la gente lo chiama, lo prega, lo invoca come San Romero d’America. Sì, la profezia di Romero, il vescovo fatto popolo si è realizzata: “Se mi uccideranno – aveva detto – risorgerò nel popolo salvadoregno”.
La Chiesa aprì la causa di beatificazione nel 1997. Papa Francesco, con proprio decreto del 3 febbraio 2015, ha infine riconosciuto il martirio in odium fidei di monsignor Romero, che è stato elevato alla gloria degli altari, come beato, in una solenne celebrazione in San Salvador, il 23 maggio 2015. E’ stato proclamato Santo da Papa Francesco il 14 ottobre 2018.
La sua festa è stata fissata al 24 marzo, giorno della sua uccisione e giornata dei missionari martiri.