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23 Nov 2016Non pensavo di vivere un’esperienza che mi facesse riflettere sulla mia realtà Italiana.
Pensavo di incontrare qualcosa di esotico, diverso… e invece mi sono confrontato con questioni di vita quotidiana che interessano gli Africani quanto gli Europei.
Condividere i pasti, lo studio, il lavoro, la preghiera e il gioco mi ha fatto pensare a quello che abbiamo smesso di condividere nelle nostre case e comunità. Viviamo vite molto spesso parallele che si incontrano molto poco e in maniera estremamente superficiale perché vige il comandamento del self made man, “chi fa da sé fa per tre” e quindi condividere, salire in 100 su un pulmino piuttosto che in 10 rallenta la corsa e fa perdere tempo; ma il tempo è denaro…
Penso ai bambini, a come sorridono sempre e comunque, ti abbracciano a prescindere da chi sei, e da dove vieni. Non hanno il seme della diffidenza che noi adulti qua ormai abbiamo innestato in ogni bambino (“non giocare con gli sconosciuti”, “stai alla larga da quello…”)…
Penso a come facevamo giocare i bambini nella cariola con cui portavamo i mattoni in casa. All’andata caricavamo i mattoni nella cariola e una volta lasciati in casa, caricavamo i bambini e facevamo il viaggio di ritorno giocando insieme.
E penso a tutti i gingilli senza spigoli e difetti che aiutano lo sviluppo psico somatico, cognitivo dei nostri bambini. Però il caso vuole che, nonostante viviamo in una cultura in cui sappiamo tutto, curiamo tutto, le patologie psicologiche dei bambini sono in drammatico aumento. Che la risposta sia in una sgangherata cariola e una maglia sporca e bucata?
Penso alle storie incredibili e drammatiche che hanno vissuto i ragazzi, al cuore infinitamente grande di Padre Adolfo che supera ogni parola che può dire sul Vangelo. Perchè gli adolescenti di tutto il mondo probabilmente se ne fregano di quello che dici; però guardano dove sta il cuore di un adulto e dove stanno le scelte di un padre e di una madre e da lì deducono.
Allora penso ad un ragazzo che come sfondo del cellulare ha i genitori di Padre Adolfo dicendo che sono i suoi nonni, perchè “non sono i legami di sangue che contano, ma lo spirito con cui ci siamo legati dopo” (parole sue ).
Insomma se pensavo di andare all’avventura mi sono sbagliato. Ma anzi, ho trovato un mondo che forse noi abbiamo perso. Ma la domanda che ora mi pongo è: in nome di chi o che cosa l’abbiamo perso?
Matteo